Marburg ed Ebola
I virus di Marburg ed Ebola appartengono alla famiglia dei Filoviridae. Il nome deriva dal latino “filo” = filiforme, hanno infatti un insolita morfologia, si presentano come forme filamentose di lunghezza variabile fino a 14.000 nm.
Il virus di Marburg è distinto antigenicamente dal virus di Ebola. Entrambi i virus possono presentarsi in forma rotondeggiante, a U, a 6 o come lunghissimi filamenti; sono RNA virus e sono sensibili al calore (inattivati a 60 ˚C per 30 min.) ai raggi ultravioletti, alle radiazioni gamma e ai comuni disinfettanti a base di ipocloriti e fenoli. Non si conosce l’ospite naturale dei Filovirus,gli studi su questi microrganismi sono limitati a causa delle difficoltà nella loro manipolazione.
Non si sa se siano sempre esistiti in natura e abbiano sempre rappresentato un rischio per l’uomo o se questi virus siano comparsi recentemente. Sono stati considerati come probabili agenti zoonotici. Si presume che i Filovirus siano endemici nei mammiferi di alcune zone dell’Africa e che inseguito si siano adattati all’uomo. Allo stato attuale la conoscenza sull’origine di questi agenti patogeni è ancora da chiarire.
Virus delle scimmie
Virus dei pipistrelli
Non è stato identificato alcun primate ospite
Sono state ritrovate alcune tracce in una specie di pipistrelli del Gabon
Il virus di Ebola deve il nome al fiume Ebola che scorre in Zaire, luogo dove il virus venne isolato per la prima volta.
Esistono 4 varianti le cui differenze sono dovute al tipo d’ospite che infettano : Ebola Zaire, Ebola Sudan, Ebola Tai che causano malattia nell’uomo e nei primati e Ebola Reston che causa la malattia solo nei primati.
Il virus, dopo essersi diffuso attraverso il torrente circolatorio, si replica attivamente nei macrofagi e in molti organi quali fegato, rene, milza, ovaio, testicoli ed organi linfatici, dove provoca necrosi cellulare. Il virus si replica bene nelle cellule nell’endotelio vascolare dove determina gravi lesioni che portano ad aumento della permeabilità vasale, passaggio di liquidi e proteine plasmatiche, alterazione della coagulazione. Le conseguenze sono gravi emorragie esterne ed interne, shock ipovolemico e morte.
Segni clinici nell’uomo
Il periodo di incubazione è da 3 a 9 giorni nella malattia da virus Marburg e da 2 a 21 giorni in quella da virus Ebola. I sintomi sono frequentemente legati all’apparato digerente (nausea, vomito, dolore, diarrea) e delle vie aeree superiori (tosse, dolore al torace, faringite) si presenta poi febbre associata a mialgie e cefalea. Possono comparire anche fotofobia, emorragie congiuntivali, ittero, pancreatite e linfoadenopatia. Delirio, alterazioni del sensorio e coma indicano il coinvolgimento del SNC. Lo stadio successivo è rappresentato dalle emorragie, che interessano vari apparati: naso, intestino, genitali. Durante la seconda settimana di malattia, il paziente diviene apiretico e inizia la guarigione oppure sviluppa un’insufficienza multiorgano che porta a morte. La guarigione è lenta e può essere complicata da epatite ricorrente, uveite, mielite trasversa e da orchite. La letalità varia fra il 25 e il 90%.
Una storia anamnestica di viaggi nell’Africa sub-Sahariana o nelle Filippine o l’esposizione a primati importati da queste aree rappresentano l’elemento anamnestico più importante.
Marburg
Ebola
Incubazione: 3 – 9 giorni
Incubazione: 2 – 21 giorni
Sintomatologia: comparsa di cefalea, malessere, mialgia, febbre elevata, diarrea, dolore addominale, disidratazione, e letargia. Fa seguito vomito, eruzione maculopapulare, coinvolgimento epatico e renale e diatesi emorragica.
Sintomatologia: comparsa di cefalea, malessere, mialgia, febbre elevata, diarrea, dolore addominale, disidratazione, e letargia. Compaiono inoltre dolore toracico da interessamento pleurico, tosse secca stizzosa e marcata faringite, eruzione maculopapulare. Frequenti sono melena, sangue dal naso, dalle gengive e dalla vagina. Nelle donne gravide: aborto. Leucocitosi, neutrofilia, trombocitopenia e anemia emolitica. La morte si ha in genere nella seconda settimana della malattia ed è preceduta da gravi perdite ematiche e shock.
Mortalità: dal 25 al 30% dei malati
Mortalità: dal 50 al 90% dei malati.
Diagnosi
La diagnosi può avvenire attraverso il metodo ELISA (con l’identificazione sia di anticorpi specifici), attraverso l’identificazione dell’antigene, su compioni bioptici tramite esami immunoistochimici, visualizzando il virus al microscopio elettronico e tramite la PCR.
Dato l’elevato rischio d’infezione gli esami di laboratorio vanno eseguiti in condizioni di protezione.
Trattamento
Il trattamento è sintomatico (non esiste alcun trattamento specifico) che comprende la riduzione al minimo delle procedure invasive, la somministrazione di fattori della coagulazione, il riequilibrio degli elettroliti e la terapia per eventuali complicazioni.
Trasmissione
La trasmissione avviene per contatto diretto con sangue, secrezioni corporee (saliva, urine, sperma) di persone e animali infetti, tramite materiale infetto sotto forma di aerosol e per mezzo di aghi, siringhe o altri materiali da medicazione infettati con tali secrezioni. Il rischio è più alto durante le fasi tardive della malattia, quando il paziente presenta vomito, diarrea o emorragie. Si ipotizzata anche la trasmissione per via aerea.
Diffusione
La malattia di Marburg è stata identificata per la prima volta nel 1967 a Marburg in Germania dove alcuni laboratoristi, dopo il contatto con colture cellulari renali provenienti da scimmie verdi africane (Cercopithecus aethiops ) importate dall’Uganda, svilupparono una malattia sconosciuta altamente contagiosa con 31 casi e 7 decessi. Altri casi si sono verificati in Sud Africa, Kenya, Zimbawe, Repubblica Democratica del Congo.
La World Health Organization (WHO) ha comunicato il 1 aprile 2005 che la recenteesplosione della malattia di Marburg in Angola è stata quella più grave sino ad ora, simile alla febbre emorragica di Ebola. Il dato precedente era di 123 morti in 149 casi in una epidemia durante il 1998-2000 nelle vicinanze della Repubblica del Congo. La maggioranza delle vittime erano minatori d’oro. Il WHO ha impiegato 20 esperti per aiutare a combattere la febbre virale. Tra le vittime un medico italiano che stava curando i contagiati dal virus.
La malattia di Ebola è stata identificata per la prima volta nel 1976 nelle provincie equatoriali del Sudan ed a 800KM di distanza nello Zaire; il tasso di letalità per queste due epidemie pressoché simultanee fu di circa il 70%. Successivamente si sono verificate altre epidemie nuovamente in Sudan, Zaire e Gabon.
Filovirus Ebola correlati sono stati isolati negli Stati Uniti negli anni 1989, 1990 e 1996 e in Italia nel 1992. L’isolamento è avvenuto da scimmie cynomolgus (Macaca fascicularis) provenienti dal sudest asiatico. Alcune delle persone che avevano avuto contatto con gli animali svilupparono anticorpi specifici, ma senza sintomi di malattia.
Prevenzione
E’ difficile mettere in atto una prevenzione efficace non conoscendo sufficientemente l’origine dell’infezione. A causa del tipo di trasmissione (secrezioni di soggetti malati o contatto con oggetti contaminati) si rende necessario l’uso precauzionale di mezzi di protezione individuale quali mascherine, camici, guanti e un’adeguata sterilizzazione delle attrezzature, dell’isolamento degli ammalati e del trattamento delle deiezioni e dei rifiuti. Le febbri emorragiche virali sono malattie comprese nella classe prima del Sistema Informativo delle malattie infettive e diffusive D.M.15 dicembre 1990 e richiedono interventi istituzionali particolari.