
Pensione a 62 anni ma se posticipi puoi avere il 30% in più sull'assegno - Antropozoonosi.it
Puoi andare in pensione a 62 anni ma rinviare al 2026 ti farà guadagnare più del 30% in più sull’assegno: cosa c’è da sapere.
Nel panorama delle pensioni anticipate in Italia, il 2025 rappresenta un anno cruciale per molti lavoratori che possono accedere alla pensione già a 62 anni grazie alla cosiddetta quota 103.
Tuttavia, questa misura potrebbe non essere prorogata oltre il 2025, aprendo scenari che richiedono riflessioni attente sulle strategie di uscita dal lavoro e sull’impatto economico delle diverse opzioni disponibili.
Pensioni a 62 anni: la fine della quota 103 e l’arrivo della quota 41
La misura della quota 103, valida per il 2025, consente di andare in pensione con 62 anni di età e almeno 41 anni di contributi, ma il governo ha annunciato un possibile superamento di questo schema a partire dal 2026. La proposta emergente è quella di sostituire quota 103 con la quota 41, che manterrebbe i requisiti anagrafici e contributivi, ma modificherebbe il meccanismo di calcolo dell’assegno pensionistico. Attualmente, con la quota 103, il calcolo è interamente contributivo, il che può comportare un taglio anche consistente della pensione, fino al 30% in meno rispetto alla misura calcolata con il sistema misto. Per esempio, un lavoratore con diritto a 2.000 euro al mese potrebbe vedersi riconoscere un assegno di circa 1.400 euro.
Questo scenario penalizza soprattutto chi ha una parte significativa di contributi versati prima del 1996. Con la quota 41, invece, si passerebbe a un sistema misto con un taglio lineare del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni, ma questa penalizzazione sarebbe applicata solo a chi ha un ISEE superiore a 35.000 euro. Chi si colloca al di sotto di questa soglia non subirebbe alcun ridimensionamento dell’importo pensionistico. Il quadro normativo che si va delineando suggerisce che chi ha i requisiti per la quota 103 nel 2025 potrebbe valutare di posticipare l’uscita dal lavoro anche di pochi mesi, per accedere alla quota 41 nel 2026 e beneficiare di un assegno pensionistico sensibilmente più alto.
Come sottolinea un caso emblematico raccolto da esperti del settore, un lavoratore di 62 anni con 41 anni di contributi e un ISEE sotto i 35.000 euro potrebbe ottenere un aumento dell’assegno fino al 30% rinviando la pensione di pochi mesi. Questo perché la quota 41 prevede un ridimensionamento meno severo rispetto all’attuale quota 103, rendendo più vantaggioso attendere la nuova normativa. Il passaggio da un calcolo contributivo puro a uno misto, inoltre, tutela maggiormente chi ha versato contributi prima del 1996, evitando una decurtazione drastica che oggi rappresenta un deterrente per l’accesso anticipato alla pensione.

La prospettiva di un cambio delle regole a partire dal 2026 rappresenta una sfida importante per i lavoratori prossimi alla pensione. La possibile scomparsa della quota 103 e l’adozione della quota 41, con un sistema più equo di penalizzazione legata all’ISEE, potrebbe ampliare il numero di beneficiari e rendere l’anticipo pensionistico più sostenibile nel lungo termine. La differenza sostanziale sta nel fatto che, mentre oggi i pensionamenti anticipati con quota 103 sono penalizzati da un ricalcolo contributivo che può ridurre significativamente l’assegno, dal 2026 il taglio sarà applicato in modo lineare, e solo ai redditi più alti, valorizzando così la progressività e la capacità contributiva dei pensionati.
Questo nuovo scenario invita i lavoratori a una ponderata riflessione sulle tempistiche di uscita dal lavoro, considerando non solo l’età e gli anni di contributi, ma anche il proprio profilo economico e le novità legislative in arrivo. Il quadro normativo in evoluzione impone quindi un’attenta valutazione per evitare decisioni affrettate che potrebbero tradursi in perdite economiche significative nel corso del pensionamento. La strategia di rinvio, anche di breve durata, potrebbe trasformarsi in un vantaggio economico sostanziale, soprattutto per chi rientra nelle fasce di reddito più basse.