
Eredità, quando è possibile perdere il diritto alla successione - Antropozoonosi.it
È davvero possibile perdere il diritto alla successione? Cosa dice la legge e quando si rischia grosso con l’eredità.
La possibilità di perdere il diritto all’eredità è un tema di grande interesse nel diritto successorio italiano, regolato da norme precise che disciplinano i tempi e le modalità di accettazione.
Comprendere quando e come si può incorrere in questa perdita è fondamentale per chiunque sia chiamato a succedere.
Chi rischia di perdere il diritto all’eredità?
La legge italiana distingue tre categorie principali di eredi, ciascuna con regole diverse riguardo al mantenimento o alla perdita del diritto alla successione.
- Gli eredi necessari (o legittimari) sono il coniuge, i figli e, in assenza di questi ultimi, i genitori del defunto. A loro spetta una quota di eredità garantita dalla legge, che possono perdere solo in casi eccezionali, come la prescrizione del diritto all’accettazione o la dichiarazione di indegnità a succedere.
- Gli eredi legittimi intervengono in assenza di testamento e acquisiscono l’eredità secondo le disposizioni del Codice Civile. Essi possono essere esclusi se esiste un testamento che li esclude o destina i beni ad altri, a meno che non siano anche eredi necessari.
- Infine, gli eredi testamentari sono coloro che ricevono la quota ereditaria tramite testamento. Senza questo documento, tali eredi non avrebbero alcun diritto.
Un elemento cruciale è la prescrizione del diritto all’eredità, che si verifica quando l’erede non accetta formalmente l’eredità entro un termine stabilito. Secondo la normativa vigente, il periodo massimo per accettare o rinunciare all’eredità è di 10 anni dalla data di apertura della successione, che coincide generalmente con il decesso del soggetto. Trascorso questo lasso di tempo senza alcuna decisione, l’erede perde la possibilità di rivendicare la propria quota. Tuttavia, esistono importanti eccezioni: ad esempio, se la paternità del defunto viene accertata dopo la morte, il termine decorre dalla sentenza che conferma tale paternità.
Inoltre, chi subentra successivamente alla chiamata ereditaria (come un erede chiamato dopo la rinuncia di un altro) ha un nuovo termine di prescrizione pari a 10 anni dalla nuova chiamata. È inoltre possibile che il termine di prescrizione venga ridotto. In caso di richiesta da parte dei coeredi o di creditori interessati a concludere rapidamente la successione, il giudice può stabilire un termine più breve per l’accettazione, noto come “actio interrogatoria”. Se il chiamato non risponde entro questo termine, perde il diritto all’eredità (art. 481 cod. civ.).

L’accettazione tacita dell’eredità si verifica quando l’erede compie atti che implicano implicitamente l’accettazione, come la gestione o la vendita di beni ereditati, anche senza una dichiarazione esplicita. In tali casi, l’erede mantiene il diritto all’eredità. Diversamente, l’indegnità a succedere comporta la perdita del diritto quando l’erede ha compiuto atti gravi contro il defunto o i suoi familiari, come il tentato omicidio o la falsificazione del testamento. L’indegnità deve essere dichiarata da un tribunale su istanza di chiunque abbia interesse nella successione. Le cause principali di indegnità includono:
- Omicidio o tentato omicidio del defunto o dei suoi stretti familiari;
- Calunnie consapevolmente false rivolte al defunto o ai suoi familiari;
- Falsificazione, alterazione o uso di testamento falsificato;
- Violenza o inganno per influenzare la redazione o modifica del testamento.
Ad esempio, un figlio che tenta di uccidere il genitore per accelerare l’accesso all’eredità può essere dichiarato indegno e perdere ogni diritto. La rinuncia all’eredità è un atto volontario con cui l’erede decide di non accettare la propria quota, formalizzato mediante atto pubblico davanti a notaio o tribunale. Tale rinuncia non può essere anticipata alla morte del defunto e diventa efficace solo dopo il decesso. In caso di esclusione testamentaria, il testatore può escludere uno o più eredi dalla successione.
Questa esclusione è valida per tutti, tranne che per gli eredi necessari, i quali hanno diritto a una quota minima di eredità (legittima). Gli eredi legittimari esclusi possono agire legalmente con l’azione di riduzione per ottenere la loro quota garantita dalla legge, anche se esclusi dal testamento. Queste norme garantiscono un equilibrio tra volontà del defunto e tutela dei diritti dei familiari stretti, evitando che un testatore possa privare completamente i legittimari della loro quota ereditaria.