Eziologia
Yersinia pestis, l’agente eziologico della peste umana, è un batterio che appartiene alla famiglia delle Enterobacteriaceae e al genere Yersinia. Tre sono le specie patogene per l’uomo: Y. pestis, Y. pseudotubercolosis e Y. enterocolitica . I batteri del genere Yersinia risiedono abitualmente in diversi serbatoi animali: Y. pestis nei roditori e negli insetti; Y. pseudotubercolosis e Y. enterocolitica nei mammiferi e negli uccelli.
Essi sono responsabili di infezioni sia nell’uomo che negli animali (Perry e Fetherston, 1997).
Il batterio
Yersinia pestis è un coccobacillo Gram-negativo (lungo 1-2 m e largo 0,5 m), non capsulato, aerobio ed anaerobio facoltativo, immobile, non sporigeno, catalasi positivo, ossidasi ed ureasi negativo. Isolata da campioni biologici e colorata con una colorazione policromatica (Giemsa, Wayson e Wright), Y. pestis presenta la caratteristica “colorazione bipolare” con le estremità intensamente colorate ed i bordi arcuati ed una morfologia somigliante ad una “spilla da balia”. Y. pestis è in grado di moltiplicarsi in un ampio range di temperature (da -2°C fino a 45°C) e di pH (da 5.0 a 9.6) ma la crescita ottimale si verifica ad una temperatura di 28° C e pH circa 7.4 (Perry, 1997, Chanteau et al., 2003). Il batterio non è capsulato ma se incubato ad una temperatura superiore a 37°C e a pH 7,4, produce una glicoproteina capsulare immunogenica; tale glicoproteina è l’espressione dell’attività genica del plasmide pFra e prende il nome di frazione 1 (F1) (Campbell e Dennis, 2001). Il bacillo ha una sopravvivenza limitata, dell’ordine di alcuni giorni, nei cadaveri in putrefazione mentre è resistente al freddo e si conserva bene nei cadaveri congelati.
Resistente alla oscurità in un microclima che rispecchi quello delle tane dei roditori può sopravvivere per numerosi anni nei sedimenti; in queste condizioni può andare incontro a moltiplicazione e ciò rappresenta un fattore importante dal punto di vista epidemiologico. Tale sopravvivenza nel terreno è anche di fondamentale interesse per gli studi paleomicrobiologici (Dutour et al., 1994; Signoli et al., 1996).